Il royal hotel su Netflix: un thriller tra sessismo e desolazione australiana che ti lascerà senza parole

Un Viaggio nell’Isolamento: “Il Royal Hotel”

Il lungometraggio Il Royal Hotel, diretto da Kitty Green e con le interpretazioni di Julia Garner e Jessica Henwick, offre uno sguardo profondo su un’esperienza ai limiti dell’isolamento nel cuore dell’Australia. Disponibile su Netflix, il film esplora le dinamiche all’interno di un ambiente ostile, dove il sessismo velato e gli sguardi maschili inquietanti si mescolano a una tensione palpabile tra i personaggi. La scelta del paesaggio australiano costituisce un elemento fondamentale per raccontare questa storia di resilienza e disagio.

Incontro di Destini al Royal Hotel

La trama si svolge in una remota locazione, un pub chiamato Royal Hotel, situato nel deserto australiano. Le due backpacker, Hanna e Liv, giungono qui dopo una lunga ricerca di lavoro per sostenere le spese del loro viaggio. Sebbene l’offerta di lavoro tramite un programma lavora-e-viaggia sembri una soluzione allettante, sotto la superficie di stabilità economica si celano numerose insidie. Il locale appare trascurato, lontano da qualunque segno di civiltà, e il clima è aggravato da attenzioni maschili invasive e moleste.

Affrontare le Avversità

Le protagoniste si trovano costrette ad affrontare non solo la fatica del lavoro al bancone, ma anche un contesto sociale poco amichevole: clienti abituali dal comportamento inappropriato, un proprietario alcolizzato e irascibile, e un’atmosfera che non concede alcun conforto. Questa serie di fattori contribuisce a rafforzare la sensazione di vulnerabilità e isolamento, rendendo la loro esperienza ben più pesante di quanto avessero previsto. L’Australia presentata nel film è ben lontana dai cliché turistici; si rivela essere un luogo aspro e inospitale per chi cerca un futuro incerto e transitorio.

Il royal hotel su Netflix: un thriller tra sessismo e desolazione australiana che ti lascerà senza parole

Il Paesaggio come Personaggio

Il deserto australiano funge da presenza costante, quasi tangibile, durante l’intero film. L’immensità dell’area attorno al Royal Hotel amplifica la sensazione di solitudine e claustrofobia. La regista Kitty Green, australiana di origini, ha abilmente utilizzato questo scenario come un elemento narrativo vivo, capace di influenzare le emozioni e gli atteggiamenti dei protagonisti.

Architettura dell’Inquietudine

Anche la struttura stessa del pub, fatiscente e trascurata, rispecchia questo senso di marginalità. La piscina vuota, le camere malandate e il bancone coperto di polvere sono simboli di un’ambientazione che non concede tregua. La clientela abituale, composta da uomini spesso aggressivi e rozzi, contribuisce a costruire un’atmosfera inquietante che si lega indissolubilmente al territorio. L’ambiente e l’architettura si intrecciano per sottolineare il peso dell’esperienza vissuta da Hanna e Liv, segnate da una permanente sensazione di minaccia.

Il Conflitto di Genere e la Pressione Sociale

Il fulcro della narrazione ruota attorno alle tensioni nei rapporti tra uomini e donne in questo ambiente ristretto e ostile. Il sessismo si manifesta in modo sottile, ma costante, diventando un elemento di tensione continua nella trama. I personaggi maschili oscillano tra atteggiamenti invadenti e talvolta aggressivi nei confronti delle protagoniste, creando una pressione che si fa sempre più palpabile.

I Personaggi e le Loro Dinamiche Interne

Billy, il proprietario del pub interpretato da Hugo Weaving, rappresenta una figura autoritaria e priva di scrupoli, spesso ubriaco e aggressivo nel suo comportamento. Carol, sua moglie, emana una freddezza distante, ma con occasionali scintille di umanità. Il personaggio di Dolly, un cliente viscido e alcolizzato, incarna la minaccia più diretta, aggravando ulteriormente quel clima già carico di tensione.

Resilienza e Risposta Femminile

Le reazioni di Hanna e Liv si differenziano: ognuna affronta la situazione a suo modo, opponendosi o cercando di resistere alla pressione. Questa dinamica alimenta un crescendo narrativo in cui piccoli gesti, sguardi significativi e silenzi pesanti disegnano un quadro di disagio e potenziale pericolo. Il Royal Hotel diventa, così, non solo un luogo fisico, ma anche la scena di un conflitto psicologico che si sviluppa lentamente, con pause pensate e momenti di crescente inquietudine.

Un’Osservazione sulla Società

La sceneggiatura, scritta da Kitty Green insieme a Oscar Redding, trae ispirazione dal documentario Hotel Coolgardie di Pete Gleeson. Questa matrice documentaristica emerge nel modo in cui si evolve la trama, allontanandosi dallo stile convenzionale di un thriller psicologico. Il film fluisce quasi come una cronaca della realtà sociale, mantenendo una tensione sotterranea che cresce con il passare del tempo.

Il Tempo come Strumento Narrativo

La regia concede ampio spazio a scene dilatate, permettendo di percepire il peso dell’ambiente e delle relazioni interpersonali. Alcuni momenti possono sembrare prolungati, ma servono a far emergere l’oppressione di quel remoto angolo d’Australia. Il climax si costruisce gradualmente, senza soluzioni rapide. Il risultato è una narrazione in cui il tempo sullo schermo riflette le sfumature della tensione, sebbene vi siano momenti in cui si corre il rischio di percepire un eccesso nella messa in scena.

Conclusioni Introspective

Le didascalie e alcuni interventi esplicativi interrompono la fluidità della narrazione, ma contribuiscono a illuminare le complesse dinamiche in gioco. La combinazione di ambientazione, recitazione e scrittura restituisce un quadro coerente e denso, invitando alla riflessione su un periodo e un contesto raramente raccontati con tale intensità e freschezza narrativa.

Personalmente, trovo che “Il Royal Hotel” riesca a catturare l’essenza di una lotta silenziosa ma profonda contro l’oppressione e il sessismo. La rappresentazione di Hanna e Liv è potente e realistica, creando un legame emotivo che difficilmente si dimentica. Cosa ne pensano gli altri fan? È possibile cambiare il nostro modo di affrontare situazioni di vulnerabilità simili nella vita quotidiana? Facciamo sentire la nostra voce!


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