Laghat – Una recensione del film su un sogno impossibile da realizzare.

Il film che racconta la storia di un purosangue unico

In arrivo nelle sale cinematografiche grazie a Vertice 360, un film che narra la storia vera di un cavallo cieco, diventando così una pellicola ispiratrice e profonda. Guidata da Michael Zampino, la regia si distingue per la creazione di personaggi complessi che arricchiscono la trama, portando il pubblico a riflettere sulla natura umana.

Laghat è un nome conosciuto tra gli appassionati di ippica. La storia di questo cavallo inglese cieco, che ha partecipato a ben 134 corse fin da quando era un puledro, è stata già celebrata nel romanzo di Enrico Querci. Il libro ha ottenuto un notevole successo, tanto da essere adattato in una versione per bambini intitolata “Laghat, il cavallo normalmente diverso”. Oggi Laghat vive il meritato pensionamento a Pisa, nella scuderia del suo proprietario Federico De Paola, mentre la sua incredibile storia si trasforma in un film di cui si discute ampiamente nella recensione di “Laghat – Un sogno impossibile”. La pellicola è stata presentata in anteprima al Torino Film Festival ed è distribuita da Vertice 360. Michael Zampino, alla sua terza regia dopo “L’erede” e “Governance – Il prezzo del potere”, offre una narrazione che, sebbene piccola, è potente soprattutto per i personaggi che circondano Laghat.

Un racconto tra sport e dramma familiare

La narrazione di questo film sembra più una fusione tra una storia sportiva e un thriller all’italiana. Andrea, interpretato da Lorenzo Guidi, e Giorgio Mariani, interpretato da Stefano Macciocca, sono due fratelli che, sotto l’occhio vigile di un padre antiquario interpretato da Edoardo Pesce, recuperano mobili antichi con metodi poco ortodossi. In un contesto familiare dove il denaro fluisce probabilmente grazie a affari discutibili, Andrea, un ex fantino, ritrova la sua passione per le corse dopo un incontro casuale con l’ex allenatore Tony, interpretato da Hippolyte Girardot. Questo incontro si rivela cruciale per la rinascita di Andrea, che rientra nel mondo delle corse grazie all’incontro con Laghat, un purosangue con disabilità visive che corre con straordinaria forza. La riscoperta della sua passione non sarà priva di ostacoli, poiché la sua famiglia tenterà di ostacolarlo nei suoi sogni di successo.

La messa in scena di Zampino si distingue per i toni inaspettati, trattandosi di una storia edificante. Andrea, il protagonista, si trova a dover affrontare il trauma della perdita della madre. Egli è diviso tra il desiderio di indipendenza e il senso di lealtà nei confronti della sua famiglia, che esercita su di lui un’influenza negativa. Questa dinamica familiare si intreccia con il suo ritorno al mondo delle corse, costringendolo a ricorrere a bugie e sotterfugi per sfuggire alle pressioni familiari, che lo vorrebbero coinvolto nell’attività imprenditoriale del padre e del fratello.

Personaggi e relazioni nel mondo dell’ippica

Grazie alla collaborazione di Heidrun Schleef, Zampino riesce a creare un universo narrativo denso, dove emerge una chiara distinzione tra buoni e cattivi. I “cattivi” sono rappresentati dal padre e dal fratello di Andrea, mentre i “buoni” comprendono coloro che gravitano attorno a Laghat, come il saggio Tony e la giovane Giulia, interpretata da Carlotta Antonelli, che si occupa dei cavalli e instaura un legame speciale con Laghat. Andrea si muove tra questi due mondi, cercando di trovare un significato nella sua vita, mentre cerca di affermarsi nello sport e di fronte ai suoi demoni interiori.

In questo variegato affresco umano, che Zampino arricchisce con un approfondito sviluppo psicologico dei personaggi, si inserisce la dimensione sportiva del film. Attraverso una narrazione che fa uso di elementi classici del genere, il regista presenta il percorso di Andrea e i membri del suo team, dalle preparazioni fisiche agli allenamenti con Laghat, fino alle prime vittorie e ovviamente anche alle sconfitte. Le riprese delle corse sono realizzate autenticamente nei veri ippodromi, come San Rossore, utilizzando un veicolo dotato di braccio meccanico che consente di avvicinarsi a cavalli e fantini, immergendo il pubblico nell’azione e proiettandolo direttamente nelle gare.

Una storia avvincente con un messaggio universale

“Laghat – Un sogno impossibile” si presenta come una pellicola avvincente e piena di spunti d’interesse. Nonostante alcune scelte narrative possano sollevare interrogativi, come il risentimento ingiustificato del fratello verso Andrea, il film riesce comunque a mantenere un ritmo incalzante e un’intreccio solido e coinvolgente. La storia emoziona grazie anche alla fotografia vivida di Stefano Paradiso, capace di alternare i toni cupi della vita domestica di Andrea con le luminose scene delle corse ippiche, accompagnate dalle eleganti composizioni musicali di Luigi Seviroli.

Il film si distingue quindi per la sua capacità di narrarci il mondo dell’ippica in modo accessibile anche a chi non è esperto del settore. La trama originale e ben congegnata tiene alta l’attenzione, mentre Lorenzo Guidi, nel ruolo di Andrea, porta sullo schermo una performance intensa e convincente, sostenuta dai validi co-protagonisti Edoardo Pesce e Hippolyte Girardot. Laghat, con la sua storia, diventa un simbolo di perseveranza, rappresentando la lotta per superare i propri limiti e realizzare i propri sogni. La vera essenza del racconto si rivela nella crescita interiore di Andrea, che impara a trovare pace e comprensione, sia tra gli esseri umani che tra gli animali.

In questo modo, il film diretto da Michael Zampino non solo rende omaggio al cavallo Laghat, ma offre anche una narrativa coinvolgente che esplora tematiche universali di crescita, determinazione e ricerca di affetti sinceri.

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