The End: il musical apocalittico di Joshua Oppenheimer tra bunker e un futuro incerto che ti lascerà senza parole

Joshua Oppenheimer ritorna con un’opera di finzione dopo il successo dei suoi documentari, scegliendo un approccio originale per narrare l’apocalisse: un musical ambientato in un bunker sotterraneo. The End, uscito nelle sale italiane il 3 luglio 2025 e presentato al Biografilm Festival, esplora la vita di una famiglia isolata a causa di disastri ambientali e conflitti che hanno devastato il pianeta.

Un’ambientazione unica per un racconto suggestivo

Le riprese di The End si sono svolte nel maggio 2023 all’interno delle miniere di sale Italkali in Sicilia, creando un’atmosfera claustrofobica che ben si adatta alla trama. Questi spazi sotterranei offrono una rappresentazione autentica del bunker in cui è rinchiusa la famiglia protagonista. L’ambiente ricorda un paesaggio fantascientifico: corridoi angusti, pareti bianche illuminate da luci fredde e l’assenza totale di luce naturale accentuano il senso di isolamento.

Un debutto emozionante e simbolico

L’anteprima italiana si è tenuta nel contesto del Biografilm Festival 2025, con un evento speciale proprio nella miniera in cui è stato girato il film. Joshua Oppenheimer e l’attore George MacKay hanno presentato al pubblico questa storia oscura ma ricca di simbolismi legati alla resilienza umana di fronte alle catastrofi ecologiche e sociali.

The End: il musical apocalittico di Joshua Oppenheimer tra bunker e un futuro incerto che ti lascerà senza parole

I personaggi e la loro lotta per la sopravvivenza

La trama ruota attorno a cinque personaggi principali rinchiusi nel bunker: Madre, Padre, Amica, Maggiordomo e Dottore. Ciascuno di loro ha vissuto all’esterno almeno una volta prima della catastrofe; solo Figlio è nato sottoterra, mai incontrando altri esseri umani o la luce del sole.

Il loro rifugio custodisce opere d’arte preziose, come i quadri di Renoir, unitamente a cibo pregiato e beni materiali accumulati prima dell’apocalisse. La loro routine quotidiana consiste nell’osservare questi oggetti salvati dal mondo esterno, mentre dentro Figlio cresce un crescente vuoto esistenziale dovuto all’isolamento.

Un’inaspettata interruzione dalla routine

La situazione si complica con l’arrivo di Ragazza, proveniente dall’esterno, che sconvolge gli equilibri precari già segnati dalla paura della distruzione globale. Il suo ingresso porta nuove dinamiche emotive tra i personaggi, rivelando tensioni nascoste legate al loro passato politico ed ecologico.

Una nuova dimensione narrativa attraverso il musical

The End segna un netto distacco dai precedenti lavori documentaristici di Oppenheimer, come The Act of Killing e The Look of Silence, che indagavano le radici del male attraverso testimonianze dirette. Qui, la scelta del musical apocalittico serve a trasmettere emozioni difficili da esprimere in altro modo.

Il regista si inserisce così in una tradizione recente dove le canzoni diventano veicolo per affrontare questioni sociali contemporanee, come il patriarcato in Barbie e i disturbi mentali in Joker – Folie à Deux. Cantare diventa quindi un potente mezzo per comunicare il senso opprimente della fine imminente, simboleggiato dal rumore costante sullo sfondo del film.

Un’intensa esperienza visiva e sensoriale

Durante le riprese, gli attori hanno dovuto affrontare condizioni difficili, soprattutto a causa della scarsità di ossigeno nella miniera, simbolo scelto come set principale. Questa realtà fisica emerge chiaramente sullo schermo, conferendo al pubblico sensazioni palpabili di claustrofobia e inquietudine, nonostante l’eleganza degli abiti e la preziosità degli oggetti presenti.

Tilda Swinton dimostra ancora una volta le sue doti camaleontiche, mentre George MacKay interpreta con efficacia Figlio, vittima innocente dell’ambiente chiuso. Moses Ingram offre momenti vocalmente memorabili nei panni della nuova arrivata Ragazza, una figura cruciale capace di rompere gli schemi rigidi imposti dalla sopravvivenza forzata.

Tra grottesco e profondità emotiva

Non mancano, però, passaggi narrativi stranianti: cambiamenti improvvisi di tono portano a scene grottesche, come quelle basate su emissioni corporee. Questi salti bruschi possono confondere lo spettatore, riducendo talvolta l’impatto emotivo complessivo.

Un’opera d’arte imperfetta ma significativa

The End offre molteplici livelli di interpretazione, intrecciando critica sociale, riflessione filosofica sulla natura umana ed esperienza estetica originale. Il risultato finale è un film che stimola l’attenzione su questioni urgenti riguardanti l’ambiente e le fragilità umane.

Chi decide di avventurarsi nel mondo creato da Oppenheimer deve accettarne le stravaganze formali, trovando spunti intensamente suggestivi sull’amore che persistente nei rapporti interpersonali. In un contesto segnato da conflitti internazionali continui, questo racconto mette in luce le fragilità collettive dietro facciate apparentemente invulnerabili.

È innegabile che The End sia un’opera audace e coraggiosa, capace di colpire nel profondo. La scelta del musical come forma di espressione in un contesto così drammatico è tanto affascinante quanto inquietante. E voi, cosa ne pensate? Riuscite a trovare un senso di speranza in questo racconto di desolazione, o pensate che sia solo un riflesso della nostra realtà? La discussione è aperta, e non vedo l’ora di sentire le vostre opinioni!


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