Il film Shayda, diretto da Noora Niasari, racconta una storia che trae ispirazione dalla vita della regista e si evolve in un racconto di portata universale, focalizzandosi sulla violenza domestica e sul coraggio di chi tenta di liberarsi da catene invisibili. Ambientato negli anni ’90 tra Iran e Australia, il lungometraggio segue il percorso di una madre impegnata a proteggere la figlia da un padre violento, mentre affronta profondi ostacoli legali e culturali. La trama affronta temi come l’emancipazione femminile, i conflitti familiari e le sfide dell’immigrazione con uno sguardo intimo ma incisivo.
Un Inizio Drammatico in Aeroporto
La storia si apre in un aeroporto, un luogo spesso sinonimo di libertà e scelta. Tuttavia, per Shayda, questa libertà è sospesa. Deve spiegare a sua figlia Mona che se il padre Hossein tentasse di portarla via, lei dovrà fuggire verso un uomo in uniforme blu per evitarlo. Questa scena mette immediatamente in luce il cuore del conflitto: la lotta disperata per mantenere unite le cose che rischiano di essere strappate via.
L’Aeroporto: Simbolo di Oppressione e Speranza
In questo contesto, l’aeroporto diventa una metafora per la battaglia silenziosa tra oppressione e speranza. Non rappresenta solo un’ambientazione, ma assume un significato profondo nel riflettere i limiti che le protagoniste devono affrontare a causa di forze esterne superiori alla loro volontà.
Violenza e Resilienza: Un Ritorno alla Propria Storia
Noora Niasari attinge dalla propria infanzia, trascorsa tra Iran e Australia, per dare vita a questa pellicola intensa. Shayda, interpretata da Zahra Amir Ebrahimi, attrice nota per ruoli forti in film come Holy Spider, incarna perfettamente quella combinazione di forza e fragilità necessaria a raccontare la storia di una donna che decide di affrontare finalmente la violenza subita dal suo compagno.
La Lotta per la Libertà in Terra Straniera
Ambientato nel 1995 in Australia, il film illustra come questo paese straniero offra alla protagonista non solo la possibilità di allontanarsi dall’uomo abusivo, ma anche di intraprendere azioni legali impensabili nel suo paese d’origine, Tehran, dove rigidità normative renderebbero ogni forma di autonomia in merito a divorzio e custodia impossibile.
Pressioni Sociali e Familiari
La figura materna rimasta in Iran teme lo stigma sociale collegato all’abbandono del marito, esortando Shayda a tornare indietro, sostenendo che “lui rimane comunque un buon padre”. Ma Shayda desidera di più: vuole liberarsi, insieme a sua figlia, da un’oppressione maschilista ben radicata nella società patriarcale persiana.
Una Voce per Molte Donne
Il film supera l’ambito individuale, diventando specchio delle molte donne costrette quotidianamente a vivere sotto minaccia nelle loro case in tutto il mondo. La narrazione si concentra sulle piccole azioni quotidiane che assumono un peso enorme per chi vive nella paura costante, evitando facili drammi e optando per una rappresentazione più realistica e concreta.
Una Regia Intensa e Rivelatrice
Nella direzione di Noora Niasari, emerge un senso opprimente che accompagna Shayda e Mona durante l’intera narrazione. Anche atti semplici come fare la spesa o uscire senza protezione si caricano di angoscia per via della tensione generata dalla presenza del marito violento al di fuori della loro casa.
Immagini di una Lotta Silenziosa
Le due donne sembrano intrappolate in gabbie invisibili, costituite non solo dalle mura fisiche, ma anche dai condizionamenti sociali ed emotivi ereditati dalla cultura patriarcale iraniana, alla quale continuano a sentirsi legate nonostante la distanza dall’Iran.
Momenti di Resilienza e Amore
Questa atmosfera asfissiante viene messa in risalto attraverso primi piani intensi sui volti dei personaggi, consentendo allo spettatore di avvertire un crescente senso di impotenza mentre si svolgono eventi apparentemente ordinari, ma intrisi di incertezze sul futuro.
Una Celebrazione dell’Amore Materno
Shayda esplora anche il profondo legame affettivo tra madre e figlia, un amore viscerale capace di sostenere decisioni difficili e dolorose. Prodotto anche dalla Dirty Films, guidata da Cate Blanchett, il film dimostra quanto sia potente quell’affetto necessario a superare momenti terribili.
Cultura e Nuovo Inizio
Noora Niasari incorpora elementi significativi della cultura iraniana, come le scene ambientate durante Nawruz, il capodanno persiano, simbolo di rinnovamento. Questo periodo ideale diventa una metafora perfetta del desiderio innato delle protagoniste di lasciare indietro le vecchie paure e ricominciare altrove in cerca di pace.
Una Riflessione sulle Identità Culturali
Attraverso piccoli gesti quotidiani densi di significati nascosti, il film evidenzia l’importanza di mantenere viva la propria identità culturale anche in condizioni avverse. L’opera evita drammaticità gratuite, preferendo narrare, con il ritmo lento dei dettagli, la realtà di chi affronta situazioni simili.
Un Debutto Promettente
Con un’accortezza particolare verso i dettagli umani e sociali, Noora Niasari offre un film dedicato a tutte le donne, in particolare quelle provenienti dall’Iran, che lottano quotidianamente per la loro libertà personale contro sistemi di oppressione caratterizzati da indifferenza e severi giudizi verso chi osa ribellarsi.
Come fan appassionata, non posso fare a meno di esprimere una profonda ammirazione per il tocco sincero e viscerale di Noora Niasari in Shayda. Questo film è un grido di battaglia per tutte noi, una rappresentazione autentica delle nostre lotte. Mi chiedo, quante donne, in tutto il mondo, riescono a ritrovare la propria voce e libertà attraverso storie simili? È davvero il momento di ascoltare e dare spazio a queste narrative vitali!