Un’Incredibile Lotta per la Vita
Quando Ketia Moponda è arrivata in ospedale, il suo livello di ossigeno nel sangue si aggirava attorno all’1%, un indice critico che poneva seri rischi per la sua vita. La situazione era così grave che i medici non avevano dubbi: se fosse riuscita a risvegliarsi, sarebbe stata in uno stato di morte cerebrale.
Il Calvario Inizia con una Tosse
La storia di Ketia, 19 anni, inizia il 25 settembre 2024, con quella che sembrava essere una semplice tosse. Durante la cena, avverte un’inaspettata sonnolenza e decide di prendere un medicinale prima di andare a letto. Tuttavia, il giorno successivo, chiama la sua migliore amica, esprimendo una sensazione di malessere profondo, come se stesse “per morire”.
Un Soccorso Inaspettato
Il personale di sicurezza dell’università, allertato dall’amica preoccupata, trova Ketia priva di sensi nella sua stanza e la trasporta d’urgenza in terapia intensiva al Leicester Royal Infirmary Hospital. Dopo due giorni di coma, Ketia riapre gli occhi, ma la situazione è confusa: “Non riuscivo a vedere né a parlare. Ci è voluta un’intera settimana prima che iniziassi a comunicare. Non sapevo nemmeno dove mi trovassi”, racconta.
La Battaglia contro l’Infezione
A distanza di due settimane, Ketia sviluppa una fascite necrotizzante, nota anche come “infezione carnivora” per la sua rapidità distruttiva sui tessuti. I medici intervennero subito, decidendo di trapiantare la pelle dalle cosce per curare la zona colpita. Sfortunatamente, il 7 gennaio 2025, si rende necessario amputare tutte le dita delle mani e entrambe le gambe, appena sotto il ginocchio. “Le mie gambe erano morte; non ricevevano più sangue. È stata un’esperienza terribile, piangevo senza sosta, sentendomi completamente distrutta”, rivela con emozione.
Un Futuro con Protesi e Determinazione
Oggi, Ketia cammina grazie alle protesi e frequenta un centro di riabilitazione a Wolverhampton. Nonostante tutto, continua a guardare al futuro con speranza: “Inizialmente pensavo di dover rinunciare al mio sogno di diventare modella, ma ho cambiato idea. Non bisogna nascondere chi si è. La mia condizione non mi rende ‘meno persona’. Sono me stessa, voglio ispirare gli altri a sentirsi sicuri e a credere in loro stessi. Sono determinata a superare ogni barriera legata alla disabilità”.
È incredibile come la resilienza umana possa brillare anche nei momenti più bui. La storia di Ketia mi ha toccato profondamente; la sua determinazione è un faro di speranza per molti di noi. Che ne pensate? Riuscireste a mantenere un simile spirito di fronte a tali sfide? Condividete le vostre riflessioni!
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