Un’analisi del film “iHostage”
“iHostage”, un thriller olandese distribuito da Netflix, si propone di narrare una storia veritiera avvenuta nel febbraio 2022, ma non riesce a colpire nel segno. Le aspettative erano elevate, considerando il soggetto preso in prestito da un evento drammatico, ma il film finisce per risultare privo di tensione e coinvolgimento.
La trama: un episodio di crisi
La vicenda si svolge all’interno di un Apple Store situato a Leidseplein, nel cuore di Amsterdam. Un uomo armato di fucile e con esplosivi minaccia i presenti, costringendo le forze dell’ordine a intervenire rapidamente. La sua richiesta peculiare di dialogare con un negoziatore mette subito in evidenza la gravità della situazione, mentre alcuni clienti trovano scampo mentre altri rimangono sotto esame, creando un clima di ansia palpabile.
Tre prospettive narrativi
Il film adotta tre linee narrative principali per mantenere la fedeltà all’accaduto. La prima segue un cliente che, appena giunto in città, si ritrova invischiato in una situazione da incubo mentre cerca di acquistare degli AirPods. La seconda prospettiva è quella del rapinatore, il cui movente resta oscuro; le sue richieste, che includono una somma esorbitante in criptovalute, sollevano interrogativi circa l’autenticità della sua minaccia. Infine, la terza linea narrativa riguarda le forze di polizia impegnate nella gestione della crisi, con l’obiettivo comune di salvaguardare gli ostaggi.
Una mancanza di tensione
Tuttavia, il film si arena nella prevedibilità. Nonostante alcuni tentativi di creare colpi di scena, il racconto rivela uno sviluppo scontato e personaggi poco approfonditi. L’accento sembra più orientato sulla celebrazione delle forze dell’ordine piuttosto che sull’esplorazione dei temi più oscuri come la disuguaglianza sociale o la paura del terrorismo, elementi che avrebbero potuto arricchire la trama.
La regia e il suo approccio visivo
Il regista Bobby Boermans si impegna a utilizzare diversi angoli di ripresa per avvicinare il pubblico ai protagonisti, alternando primi piani e riprese aeree. Tuttavia, questo approccio non riesce a contrastare la sensazione di impotenza e claustrofobia provata dagli ostaggi, culminando in un risultato finale che si percepisce come piatto e poco incisivo.
Conclusione: un’opportunità sprecata
“iHostage” avrebbe potuto offrire un’intensa esperienza thriller, ma si traduce in una narrazione prevedibile e blanda. Questo solleva interrogativi sul valore di trasformare storie reali in opere di finzione, suggerendo che non tutte le vicende drammatiche debbano necessariamente essere adattate per il grande schermo.