Le differenze tra il romanzo di Mary Shelley e l’adattamento di Guillermo del Toro
Il mondo della letteratura e del cinema spesso si interseca, creando opere che esplorano tematiche profonde e universali. In questo contesto, uno dei confronti più affascinanti è quello tra il romanzo di Mary Shelley e l’adattamento cinematografico realizzato da Guillermo del Toro. Quest’ultimo, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ha suscitato grande interesse per la sua capacità di rielaborare una storia già conosciuta, mantenendo intatto il suo spirito originale. Partiamo dall’analisi delle principali differenze che caratterizzano i due lavori, vedendo come ciascuno di essi affronta il complesso tema della mostruosità e dell’umanità.
Guillermo del Toro e il concetto di mostro
Guillermo del Toro è un regista noto per la sua passione per i mostri, che considera non solo come figure di paura, ma anche come simboli di vulnerabilità e sofferenza. La sua celebre affermazione “I believe in monsters” esprime il suo approccio profondo e umano nei confronti di queste creature. Nel suo adattamento di Frankenstein, del Toro non si limita a replicare la trama del romanzo, ma la rielabora per portare alla luce le complessità emotive e morali dei personaggi. La visione del regista invita a riflettere su come la società definisce il concetto di mostruosità e su come i veri mostri siano spesso le azioni degli esseri umani, piuttosto che l’aspetto esteriore delle creature.
La figura paterna nel film di del Toro
Nell’adattamento di Frankenstein, la figura paterna riveste un’importanza fondamentale, rispetto alla marginalità che questa aveva nel romanzo originale. Victor Frankenstein, privato della madre, cresce sotto l’autorità di un padre austero e violento, il che influisce profondamente sul suo comportamento e sulle sue scelte. La rappresentazione del padre padrone serve a del Toro per esplorare dinamiche familiari complesse, evidenziando come la violenza e l’autorità possano plasmare la vita di un individuo. In contrasto, nel romanzo, il padre di Victor è descritto come affettuoso, ma meno presente, lasciando spazio al dolore e alla perdita, elementi che tuttavia non hanno la stessa intensità nella visione di del Toro.
Le reazioni di Victor e della creatura
Una delle differenze più significative tra il film e il romanzo riguarda la reazione di Victor Frankenstein alla creazione della sua creatura. Nel testo di Shelley, Victor prova immediata paura e repulsione, fuggendo dal suo stesso progetto. Al contrario, nel film di del Toro, Victor si comporta come un esperimento scientifico, trattando la creatura con curiosità e studio fino a quando non comprende di aver perso il controllo della situazione. Questa variazione enfatizza l’ossessione di Victor e le sue lotte interiori, creando un profilo psicologico più complesso per il personaggio.
Il conflitto etico e la figura angelica
Un’altra importante innovazione narrativa nel film è rappresentata dalla presenza di un’entità angelica a cui Victor si rivolge in preghiera. Questa figura, assente nel romanzo, offre una nuova dimensione alla follia di Victor, ponendo interrogativi sulla moralità delle sue azioni. Il dialogo con un’entità superiore diventa un modo per giustificare le sue scelte, aggiungendo strati di ambiguità morale alla narrazione. Questo elemento potrebbe sembrare estraneo all’opera di Shelley, ma contribuisce a costruire la complessità del protagonista, mostrando la sua crescente alienazione e il suo conflitto interiore.
I nuovi personaggi e le loro implicazioni
Nel film di del Toro, l’introduzione del Dottor Pretorius, interpretato da Christoph Waltz, arricchisce ulteriormente la trama. Questo personaggio, non presente nell’opera originale, incarna l’avidità e le conseguenze della guerra, evidenziando come le ambizioni umane possano generare morte e distruzione. La creatura non è quindi solo il risultato dell’ossessione di Victor, ma è anche in relazione con le forze distruttive che governano il mondo. Questo cambiamento rivela la critica sociale che del Toro vuole esprimere, sottolineando la responsabilità degli individui all’interno di un sistema che premia la violenza e il potere a scapito della vita umana.
Il ritratto di Elizabeth e la sua evoluzione
Un altro aspetto degno di nota è l’evoluzione del personaggio di Elizabeth. Nella versione di del Toro, Elizabeth non è solo la promessa sposa di Victor, ma diventa un personaggio attivo, dotato di sogni e ambizioni. Questa trasformazione, che la vede come una donna interessata alle scienze e alla politica, mette in luce la sua ricerca di identità in un contesto dominato dagli uomini. La sua interazione con la creatura crea una connessione profonda, sottolineando il tema dell’accettazione e dell’umanità condivisa tra esseri “mostruosi”.
Conclusione sull’approccio di Guillermo del Toro
Guillermo del Toro, attraverso il suo adattamento di Frankenstein, dimostra di avere un obiettivo chiaro: celebrare la bellezza e il valore di ciò che è considerato mostruoso. Per lui, la vera mostruosità risiede negli intenti e nelle azioni, piuttosto che nell’aspetto fisico. Ogni personaggio, nel suo viaggio, rivela i propri scopi e le conseguenze delle proprie scelte, invitando il pubblico a riflettere sulla natura umana. Con questa visione, del Toro riesce a dare nuova vita a una storia classica, rendendola incredibilmente attuale e coinvolgente.
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