Il Brasile tra crisi politica e teocrazia dopo l’eredità di Bolsonaro nel documentario rivelatore

Il Brasile vive un periodo complesso caratterizzato da questioni sociali e politiche significative, tra cui la discriminazione delle popolazioni indigene, il problema della deforestazione, l’omofobia e il negazionismo riguardante la pandemia di Covid-19. Un documentario creato da Petra Costa mette in luce questi aspetti, analizzando come il mandato presidenziale di Jair Bolsonaro abbia influenzato non solo il futuro del Paese, ma anche il panorama globale. La pellicola, presentata alla Mostra di Venezia e ora visibile su Netflix, offre uno sguardo approfondito sui rischi di un’evoluzione verso un regime teocratico.

La genesi del documentario e le sue radici politiche

Il percorso di Petra Costa nella realizzazione di questo progetto è iniziato nel 2016, durante un periodo di intensa crisi politica in Brasile. In occasione dell’impeachment dell’allora presidente Dilma Rousseff, la regista ha assistito a momenti emblematici, come l’intervento di un pastore protestante che benedisse la seduta parlamentare. Questa esperienza ha sollevato interrogativi sulla potenziale influenza della religione nella sfera politica, suggerendo una trasformazione della democrazia brasiliana in direzioni inaspettate.

Le riprese si sono prolungate per oltre quattro anni, raccogliendo ore di materiale video per illustrare la lenta ascesa di un governo con un’autorità considerata sacra, caratterizzata da forti connotazioni evangeliche. La narrazione sviluppata dalla regista dimostra come tali dinamiche si riflettano anche al di fuori dei confini brasiliani, richiamando similitudini con il clima politico degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump. Da qui, il Brasile è descritto come un laboratorio politico dove si testano modelli con possibili conseguenze globali.

Il Brasile tra crisi politica e teocrazia dopo l’eredità di Bolsonaro nel documentario rivelatore

Crisi istituzionale e tensioni politiche a Brasilia

Brasilia, concepita come simbolo di una democrazia emergente, è diventata teatro di una crisi istituzionale accentuata da episodi di violenza politica. L’attacco di gennaio 2023, orchestrato dai sostenitori di Bolsonaro contro gli edifici governativi, rappresenta un episodio emblematico nel tentativo di sovvertire il processo democratico. Le conseguenze di quell’evento, che ha visto invasi luoghi chiave come la Corte Suprema Federale, il Palazzo del Congresso e la Presidenza, evidenziano una frattura profonda nelle istituzioni brasiliane.

La città di Brasilia funge da sfondo per indagare le contraddizioni di una nazione in cui il sogno di progresso è oscurato da tensioni sociali potenzialmente dannose per la convivenza democratica. Il progetto cinematografico offre infatti una riflessione critica su come le istituzioni siano state oggetto di attacchi e profanazioni, manifestando una fase critica nel rapporto tra i cittadini e il potere. Inoltre, il documentario esplora le preoccupazioni di molti esperti, secondo cui la democrazia brasiliana potrebbe dirigersi verso un modello teocratico, dove le scelte politiche si intrecciano con dogmi religiosi.

L’alleanza tra religione e politica: il caso di Bolsonaro e Malafaia

Una delle analisi più incisive del film riguarda l’alleanza tra Jair Bolsonaro e la figura influente di Silas Malafaia, un pastore e telepredicatore. Il documentario delinea come Bolsonaro sia diventato un mezzo per diffondere un messaggio religioso fondamentalista, sottolineando come la sua apparente ordinarietà lo abbia reso perfetto per questa strategia.

In Brasile, la teologia della liberazione ha rappresentato una sfida per molte élite politiche e religiose, poiché proponeva un approccio critico alle ingiustizie sociali. Reazioni forti da parte dei gruppi di potere hanno portato a un’offensiva che ha unito politica e cristianesimo evangelico più conservatore, sostenendo governi autoritari. Anche prima dell’era di Bolsonaro, erano emerse tensioni simili, ma la novità risiede nel posizionamento di questo binomio politico-religioso quale base per la governance.

L’influenza esterna, evidenziata da un memorandum di Henry Kissinger durante la Guerra Fredda, ha ulteriormente alimentato questa dinamica, descrivendo la teologia della liberazione come una minaccia per l’America Latina e giustificando interventi mirati a destabilizzare i movimenti religiosi progressisti.

Riflessioni sul populismo e l’elezione di Lula

Un parallelo emerge tra la situazione in Brasile e contesti globali, inclusa l’Italia, come evidenziato nel documentario. Petra Costa rimarca che fenomeni come fascismo e populismo possono prosperare ovunque, specialmente in situazioni di divisione sociale e crisi di rappresentanza politica. Bolsonaro e Malafaia incarnano un modello che potrebbe ripetersi o ispirare scenari alternativi dove l’uso della religione consolida forme di potere escludenti.

Un dialogo significativo nel film confronta la necessità di proteggere le minoranze con l’affermazione della maggioranza come fonte di potere. L’enfasi di Malafaia sulla predominanza della maggioranza mette in evidenza come il legame tra religione e politica possa compromettere diritti fondamentali e il pluralismo.

Il ritorno di Lula nel 2022 è stato accolto con ottimismo, ma le incertezze dominano il futuro. Sebbene Bolsonaro non possa candidarsi nuovamente, continua a esercitare influenza dietro le quinte, suggerendo possibili successori. La vera stabilità dipenderà dalla capacità della società civile, sia a livello globale che nazionale, di monitorare le tendenze autoritarie e resistere ai tentativi di imporre visioni politiche esclusiviste basate su ideologie religiose.

Il contributo di Petra Costa e l’interesse globale

Tra i produttori esecutivi di “Apocalypse in the Tropics” figura Brad Pitt, noto nel panorama cinematografico e coinvolto in progetti che vanno oltre la semplice narrazione artistica. L’attenzione di celebrità statunitensi per tematiche sociali e politiche evidenzia come la questione brasiliana continui a suscitar interesse a livello globale.

Dal 2019, Petra Costa si è distinta per il suo approccio nel raccontare il legame tra eventi personali e cambiamenti politici di grande portata. Illustrare come il rischio di una trasformazione della democrazia in teocrazia sia un contributo fondamentale alla comprensione di una crisi che trascende i confini sudamericani. Il cinema documentario riveste un ruolo cruciale nel mettere in evidenza storie spesso trascurate dai media tradizionali e nel mantenere viva la discussione pubblica sulle tendenze autoritarie.


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